24/07/19

Il tramonto


Dentro non si respirava più ed era uscito a prendere aria. La strada principale che incontrava ogni giorno, appena girato l'angolo di quella che a fatica poteva considerarsi una via, sembrava un mucchio di letame caldo. Ne respirava l'anima, e la nausea gli prendeva così forte che a volte perdeva lucidità e voglia di stare al mondo.
Cosa stava facendo? Dove stava andando? Si era fermato per qualche istante a decidere se proseguire in quel fetore o se prendere la strada di destra, da dove proveniva un rumore assordante. Pioveva a dirotto e si era reso conto che in quella direzione, probabilmente, l'acqua cadeva ancora più forte. Infatti non c'era anima viva, se si escludono un gatto, insetti di vario genere e la scarsa vegetazione, ormai quasi del tutto assente.
Alla fine, seppur con qualche dubbio a riguardo, aveva scelto la strada della pioggia battente, quella più lurida e umida. Il gatto stava mangiando da una ciotola in metallo e ora si era girato verso l'uomo, l'intruso, che si era permesso di disturbarlo in un momento così privato. Lo aveva scrutato con diffidenza ma anche con un pizzico di curiosità e poi si era rimesso col muso nella ciotola quando l'uomo col cappuccio lo aveva sorpassato.
L'uomo, spiazzato dal proprio vagabondare senza una meta apparente, aveva alzato gli occhi e lo aveva visto; il tramonto verde che spezzava in due la città, l'attrazione che un tempo aveva reso famoso quel luogo che oggi era ormai dimenticato da qualsiasi Dio. Non c'era più interesse verso quella colata di verde fluorescente che cadeva dall'alto e che si posava sulle cose che valeva la pena ricordare. Lui credeva di non aver fatto molto negli anni per cui valeva la pena esseri ricordati, e faceva molta attenzione a non essere toccato da quella melma.
Aveva camminato per due o tre isolati e poi la sua testa aveva ricominciato a girare ad una velocità simile a una di quelle supercar di quel programma televisivo della vecchia era che a volte vedeva nei monitor pubblici.
Era il momento di tornare a casa, passare la serata e poi spegnersi.

Il Diavolo


Le avevano detto che assomigliava ad un barbone. Se ne stava accovacciato, truccato nella notte in un vicolo cieco dimenticato dal mondo, ascoltando Elton John.
Le avevano detto che non voleva soldi ma solamente una stretta di mano. Voleva fare un patto. E se tu eri in grado di rispettarlo, lui ti rendeva felice.
Miriam aveva appena girato l’angolo e l’aveva intravisto, in fondo alla via, fra una fila di cassonetti e quello che sembrava essere una specie di giradischi a torre.
La ragazza si era avvicinata e aveva cercato i suoi occhi. Erano rossi come il sangue.
-Lo facciamo, questo patto?- Le aveva chiesto il Diavolo.
-Non so di cosa si tratta e comunque ho come l’impressione che questa cosa sia una bella cazzata.- Miriam stava per andarsene. -Ma infatti cosa sono venuta a fare... Me ne vado.-
-Aspetta...- L’aveva fermata lui con il solo gesto della mano. -Stasera mi sento solo. Rimani con me. Ti racconterò una storia.-
-E cosa ci guadagno?-
-Mmm... sei giovane ma non perdi tempo.-
-Sono incazzata, Diavolo, e non sono proprio in vena di giochetti.-
-D’accordo. Non devi fare altro che ascoltare la mia storia e poi avrai quello per cui sei venuta. Quello per cui tutti vengono.-
“C’era una volta una giovane ragazza che faceva finta di sentirsi bella, rispettata dal mondo e dai suoi giudizi. Aveva un ragazzo che l’amava, diceva lui, con cui aveva perso la verginità. Poi lo aveva trovato a letto con un’altra e aveva giurato a lui e a se stessa che lo avrebbe ucciso. Poi, con un po’ di sana incoscienza, aveva deciso di rivolgersi al Diavolo per mettere le cose a posto. Lo aveva trovato, lo aveva ascoltato e poi...”
Il Diavolo si era alzato in piedi, aveva preso la mano di Miriam e l’aveva stretta nella sua.
“Poi gli aveva stretto la mano.”
-Che razza di scherzo è questo?- Miriam si era ripresa la sua mano, di scatto.
-Nessuno scherzo, Miriam. Soltanto la verità.
Che cosa sei venuta a fare qui, stasera?-
Miriam non sapeva cosa dire.
-Vuoi davvero che lui muoia?-
Miriam aveva annuito.
-Ok.-
Miriam stava andando a casa di quello che ormai poteva essere considerato il suo ex ragazzo a tutti gli effetti e, se il Diavolo non mentiva, un quasi morto. Ma lei, razionale com’era, ancora non ci credeva.
Nella testa di Miriam, però, c’era qualcosa che non andava. Era andata in quella casa, si ricordava, per verificare qualcosa ma ora non riusciva a focalizzare bene.
La porta era aperta, c’erano delle buste della spesa sul pavimento e si sentiva la voce del suo ex ragazzo. Era al telefono, in un’altra stanza. -Fratello, mi becchi in un brutto momento, sono appena rientrato a casa ma comunque ieri sera l’ho fatto. Sono andato dal Diavolo e gli ho chiesto di tornare indietro, prima di quella maledetta sera. Lui ha detto che si poteva fare, che mi stavo per lavare la coscienza e che Miriam non avrebbe sofferto.
“Tu non lo sai, amico,” Mi ha detto, mentre mi faceva l’occhiolino, “Ma ti sei appena salvato la vita”-.

16/07/19

La bestia


Lui se la guardava dalla testa ai piedi. E quando aveva finito di farlo, ricominciava, partendo sempre dalla testa, con quei capelli così sporchi e poco curati da non sembrare proprio i capelli di Miriam. La sua Miriam, che ora era lì, davanti a Luca, che cercava di pulirsi le labbra muovendo la lingua a circolo. Che cercava di darsi una spiegazione plausibile per quella situazione. Ma, onestamente, non gliene veniva in mente neanche una. Solo l'odore e il sapore di quel sangue che gocciolava da ogni punto del suo corpo, profondamente irriconoscibile.
- Perché non abbassi quel fucile e ne parliamo con calma. Sono io. Miriam. Non mi riconosci più? - Miriam aveva teso il braccio destro verso Luca. Si capiva dalla gestualità della sua mano che stava cercando di essere capita ma anche di capire lei stessa cosa diavolo era successo. E cosa stava succedendo in quel preciso momento.
- Non posso, Miriam. - Le aveva risposto Luca, con il fucile che continuava ad essere puntato su di lei.
-Non posso, lo sai. Hanno trovato il corpo nel giardino di casa tua. Era stata scavata una fossa, capisci? E ora ti vedo qui, ridotta così, come una specie di barbona che rovista nella spazzatura, con l'unica differenza che la spazzatura, in questo caso, è il corpo della tua vicina, cazzo. -
Luca, per un attimo, aveva allentato la tensione e la presa del fucile. Poi, dopo aver dato un'altra occhiata al corpo dilaniato, era tornato a concentrarsi su Miriam, stringendo l'arma con ritrovata convinzione.
- Ti supplico, Luca, ascoltami. E guarda. - Miriam gli aveva indicato il cielo. La luna, in particolare.
- Sto cercando di farti capire che succederà anche a te, come a tutti gli altri, che non sono mai stata l'unica. Magari è già successo anche a te e ancora non lo sai. Dico davvero, cazzo, credo siamo finiti in un dannato inferno. -
- Non ho intenzione di sentire altro, Miriam. - L'aveva fermata Luca. - Ho cercato, con tutto me stesso, ho sperato, Miriam, che ci fosse un'altra verità. Che la mia splendida ragazza con quel sorriso dolce non fosse quella...cosa, quella bestia di cui tutto il paese parla. Ma ora, devo solo trovare dentro me il coraggio di farlo. E tutto sarà finito. Non morirà più nessuno, Miriam. -

Luca, con le lacrime che gli scendevano dagli occhi stanchi e consumati dalla notte, aveva stretto il fucile ancora di più ed era finalmente pronto a fare fuoco, prima di essere preso da un forte dolore al petto, e poi da convulsioni che lo avevano costretto a lasciarsi cadere a terra. Il fucile era accanto alle sue gambe che non ce la facevano proprio a fermarsi, giravano e giravano come impazzite, e le sue mani stringevano il capo con una tale forza che le vene della fronte sembravano quasi esplodergli.
Miriam lo sapeva cosa stava per succedere ma non ci voleva credere. Se lo guardava mentre si dimenava a terra e non poteva non pensare che molto probabilmente era la stessa identica scena a cui aveva assistito la sua povera vicina. Solo che, ironia della sorte, nella posizione della sua vicina, ora, c'era lei, e al suo posto c'era Luca, il suo ragazzo. Che ora assomigliava più ad una bestia che ad un ragazzo.
Miriam si era avvicinata a Luca, si era chinata e aveva allungato la mano verso il suo corpo che stava per cambiare la propria natura, definitivamente. Allora Miriam aveva cambiato la direzione della mano e aveva preso il fucile da terra. Aveva indietreggiato e aveva puntato l'arma verso Luca. Verso la bestia. Che ora era in piedi, in qualche modo.

Lei se lo guardava dalla testa ai piedi. E quando aveva finito di farlo, ricominciava, partendo sempre dalla testa...che non aveva nulla a che vedere con la testa di Luca. Moro, coi lineamenti marcati e con degli occhi che l'avevano fulminata al loro primo incontro. Delizioso, era stato. Erano andati a passeggiare in spiaggia, poi si erano baciati di notte, sotto quella luna che non chiedeva nient'altro che un po' d'amore. Ora, di quella faccia, era rimasto ben poco se non quegli occhi che avevano ancora del potere, su di lei, ma che ora avevano comunque una canna puntata addosso.
La bestia era pronta. Aveva fame. Ma negli occhi di Miriam aveva riconosciuto il suo amore o forse un suo simile, o forse entrambe le cose, e si era fermata dopo un primo passo avanti. Luca, cioè quello che rimaneva di lui, si era voltato di scatto ed era corso via, verso il bosco.

Miriam aveva lasciato cadere il fucile e aveva assecondato la stanchezza delle sue gambe che avevano deciso di inginocchiarsi a terra.
- Non prendertela troppo, cara. Il mondo non è una cosa che puoi capire così, al volo. -
Miriam stava cercando di capire da dove venisse quella voce di donna che le aveva appena parlato. Si era resa conto, alla fine, che non c'era nessun altro a parte lei e la sua vicina di casa morta.
- Guardami, - Aveva richiamato la sua attenzione la vicina.
Miriam non riusciva a guardarla perché era stata lei a ridurla così, senza vita. E non era certo un bello spettacolo, soprattutto ora che le stava parlando.
- Non aver paura. Non provo rancore. Lo so che non è colpa tua ma è solo il frutto di quello che è stato, sulla terra. E sono contenta che non sarò qui ad assistere a questa nuova stagione che si rivelerà molto triste. -
Miriam se la guardava e non sapeva se credere alla sua mente. Ma poi aveva considerato la presenza di sé stessa, a questo mondo, di Luca e di tutti gli altri. E quindi, alla fine, era giunta alla conclusione che poteva anche starci, come cosa, parlare con la sua vicina di casa che lei stessa aveva fatto quasi a pezzi.
- Non so del perché di tutto questo, sarò sincera, e mi dispiace davvero di averti...insomma...- Miriam si era interrotta. Per quanto poteva essere ragionevole quella situazione, viste le circostanze, era pur sempre una situazione del cazzo.
- Te l'ho detto, Miriam. Non devi avere paura e non provare vergogna. Io lo so qual è il tuo problema, ora. Non sai chi sei, vero? -
Miriam si era sentita quasi sollevata. Non c'era nulla che andasse bene, ovviamente, ma almeno c'era qualcuno, anche se morto, che aveva capito come si sentisse in quel momento.
- Esatto, - Le aveva risposto. - Non sono sicura della mia stessa natura. Cioè, in pratica, non so se la mia condizione attuale sia quella in cui sono venuta al mondo. Oppure, magari, è quella che ti ha ridotta così, quella che ti ha staccato la carne a morsi. -
- Beh, di sicuro io ormai non posso aiutarti ma tu si. - Le aveva detto. - Che aspetti? Prendi quello che sei e cerca di vivere, finché un mondo esiste ancora. -
La luna, scomoda testimone di una storia destinata a ripetersi, brillava di rosso e di argento.
Miriam si era alzata e si era incamminata nel bosco. Lentamente. E poi veloce e affamata come una bestia.

10/07/19

Il fiume


Voglio raccontarvi la storia di Marta e Claudio. O meglio, una piccola parte di quella che sarebbe stata la loro emozionante storia fatta di un mucchio di amore. Quello più dolce che possa esserci a questo mondo.
Beh, la parte che voglio raccontarvi ha avuto inizio sulla riva del fiume del loro quartiere. Un quartiere rassicurante come la bocca aperta di un cane randagio davanti alla sua preda. E un fiume che...qui viene il bello; un fiume, state bene a sentire, che aveva un'anima, una vita, una voce e molto probabilmente anche un paio di orecchie per ascoltare i rimproveri, gli sfoghi, i segreti e gli insulti di tutta quella cara gente che ci andava a fare due chiacchiere come ultima spiaggia. Cioè, come ultima riva.
- E ora che si fa? - Aveva esordito Marta appena giunti al fiume.
- Non ne ho la più pallida idea, tesoro - Le aveva risposto Claudio, dopo essersi grattato la testa per qualche secondo, in attesa forse di una qualche ispirazione. Sembrava vero.
I due ragazzi volevano capire di cosa fosse davvero capace quel corso d'acqua che ai loro occhi sembrava solamente dell'acqua, appunto, che scorreva in mezzo ad un grazioso boschetto in cui crescevano alberi alti come i grattaceli della grande mela. Belli ma sproporzionati con il resto del panorama. Una cosa abbastanza inquietante.
- Sono davvero enormi eh? - Marta aveva indicato gli alberi con un cenno della testa.
- Dicono che li ha fatti spuntare un tizio. Questo si presenta davanti al fiume e dice che...si, insomma, che non ci sono abbastanza alberi e piante in giro. Che qui la vegetazione fa pena...ecc, ed ecco qui. - Le aveva risposto Claudio, indicandole quei due/tre arbusti alla loro destra. Facevano davvero paura.
- Cioè vuoi dire che è stato il fiume a farli crescere? -
- Non lo so. Ma è quello che ho sentito dire. Proviamo a chiedergli qualcosa. Lamentiamoci. Fingiamoci una coppia in crisi che ha bisogno di nuova vita. -
-Che poi sarebbe anche vero. -
- Io non direi che siamo in crisi. Abbiamo solo bisogno di nuovi stimoli. Nuove esperienze. -
- Si ma che cosa vuoi fare? Cosa vuoi dirgli? -
Claudio ci stava pensando ma in realtà, vi dico, stava facendo finta di pensarci. Claudio, in cuor suo, sperava che la sua confessione, se fosse stata fatta davanti a quel fiume, forse, avrebbe provocato qualcosa di molto diverso in Marta, se quella stessa confessione fosse stata fatta altrove. A casa loro, ad esempio. Magari in cucina, con i coltelli nelle vicinanze. E forse, dico forse, sperava che il fiume lo appoggiasse. Che mettesse una buona parola con la sua Marta.

Anna era seduta sopra a Claudio, mentre lui era steso e beveva birra dalla bottiglia. Il letto puzzava di molte cose. Avevano scopato alla grande, e ora erano in quella fase di compiacimento generico stimolato da una situazione sporca, infedele e priva di qualsiasi rimorso.
Anna se lo guardava impunita (anche se in realtà si era fatta sbattere più volte). Ne voleva ancora ma erano entrambi esausti. Non ce l'avrebbero fatta. Anna si era stesa accanto a lui e ora aveva cambiato espressione. Ora era più del tipo: "E ora, che si fa?"
Claudio un'idea ce l'aveva ma sospettava che non era poi così brillante, come pensata, e che comunque Anna l'avrebbe presa a ridere. Di questo ne era convinto, anche se non la conosceva da molto.
Si era girato, l'aveva guardata e si era fatto capire al volo, con quella sua espressione da OC che diceva tutto e niente. E devo dirvi che, in effetti, anche se era vero che si erano conosciuti solo da qualche giorno, l'alchimia fra i due era così forte che quella "nuova" poteva sembrare Marta e non Anna.
- Non starai mica pensando a quel fiume del cazzo, vero? Sai benissimo che non esiste...cioè esiste ma è un semplice fiume come è pieno il mondo. O pensi che dentro ci sia il genio della lampada che nuota con la Sirenetta? -
Claudio stava per risponderle ma si era bloccato. Stava pensando a quando da ragazzino guardava le cassette dei cartoni animati mentre i suoi vecchi scopavano nella stessa stanza.
- Ok, - Lo aveva preceduto Anna, - Sono storie diverse ma il concetto non cambia. Cosa vuoi andarci a fare davanti a quel fiume con Marta? Io una vaga idea ce l'avrei... -
- Ehi, ferma, ci vado per rompere, non per farci cose...-
- Ah, vuoi che il fiume che ti renda tutto più semplice, in qualche modo. E che magari Marta la prenda bene...ma non so davvero in che modo possa esserti d'aiuto dell'acqua che scorre. -

Credo che facessero più o meno 30 gradi e l'acqua scorreva fumante. A tratti, sembrava prendere fuoco.
- Allora? - Marta gli aveva dato una gomitata sul fianco. Poi se l'era guardato come per dire: "sei vivo? So che sei un uomo ma, per favore, non me lo ricordare ogni secondo".
- Senti, vorrei che tra noi le cose andassero meglio di come vanno ora ma non so se siamo fatti l'uno per l'altra. Insomma, a te piace la montagna, a me il mare. Tu bevi il vino, io la birra. Per non parlare delle famiglie da cui veniamo...la mia è un casino, lo sai, mentre la tua sembra uscita da un catalogo Ikea... -
- Claudio, - Marta ne aveva abbastanza e l'aveva interrotto. Si era messa davanti a lui. Spalle al fiume. Braccia incrociate. - Cosa stai cercando di dirmi? -
- Beh...vorrei che il fiume ci aiutasse a capire cosa possiamo fare. Cosa si può fare ora dopo quello che ho fatto. - Sembrava vero. Sembrava sincero.
- E cosa avresti fatto? - Marta aveva alzato le sopracciglia. Solo la sinistra, in realtà. Andava molto male.
Dopo il respiro più profondo che avesse mai fatto in vita sua, Claudio aveva confessato il suo sesso con Anna, che Marta conosceva molto bene.
- Ah, era questo che stavi cercando di dirmi. Cioè, in pratica, vuoi lavarti la coscienza qui, così. Beh, potrei dirti che mi hai uccisa, che non posso più vivere dopo questa notizia ma ti direi una cazzata, Claudio. Voglio essere sincera anche io con te, fino in fondo. Perché, dopo questa tua illuminante confessione, non vai a chiedere a Marco con chi ha passato la scorsa notte? -
- Non ti credo. -
- Beh, dovresti. E se proprio non ci riesci, fatti mostrare quel tatuaggio che ha lì sotto. Scommetto che li hai visti tutti, i tatuaggi di Marco, ma quello no. Quello non lo sapevi, che ce l'aveva. -
I due, ora, erano in silenzio. Anche Marta si era girata verso il fiume ed erano entrambi con le braccia incrociate.
- Allora? - Aveva ripreso Marta. - Ce la laviamo, questa coscienza? -
Claudio aveva stretto le spalle e l'aveva seguita mentre andava verso il fiume. Si erano completamente spogliati ed erano entrati in acqua. E dopo qualche secondo avevano iniziato a bruciare, a prendere fuoco. Erano usciti ustionati e, senza i vestiti addosso, avevano iniziato a camminare prendendo due strade diverse, sommersi dagli alberi giganti e da quel senso di colpa ingrato.

08/07/19

Vigilanti


Era tornato quasi strisciando dentro casa e si era messo a letto appena era entrato in camera. Aveva macchiato le lenzuola.
Di notte era umido ma quella notte, più delle altre, si finiva per bagnarsi anche solo al pensiero di quella condizione. Lui odiava sentirselo addosso. La pelle che si appiccicava a quella di lei quando si incrociavano nel cuore o nelle periferie di quel letto a due piazze. Che non era mai abbastanza grande per la loro immensità.
Lei era in bagno, a farsi bella. Non l’aveva sentito rientrare e ora che aveva aperto la porta e se l’era trovato li davanti, in un matrimonio di sangue e sudore, aveva spalancato la bocca e con l’aiuto della mano era riuscita a tenerselo dentro, l’urlo. Poi gli era saltata addosso e lo aveva preso a schiaffi come avrebbe fatto una madre col suo bambino, dopo avergliele promesse in caso si fosse comportato male.
“Che diavolo hai combinato, questa volta...”
Lui aveva scosso la testa. E già che riusciva ancora a muoverla era un passo avanti e lei mise la sua mano nei sui capelli e strinse. Un po’ a volergli del bene e un po’ del male.
Si era stesa accanto a lui e aveva passato la notte a ricucire le ferite aperte e a chiudergli la sua bocca con la propria, per non sentirlo disperare e contorcersi dal dolore.
Di mattina, l’umido era passato attraverso le pareti tanto da farle lacrimare. Il notiziario delle 9 dava la notizia che tutti speravano di avere. Il seviziatore di ragazzine era stato preso, cioè trovato nel suo nascondiglio del parco giochi e pestato a morte e spedito al suo creatore. Ma non era sola, la bestia. Aveva dei complici, uomini e anche donne che lo avevano aiutato nel suo delirio. Erano tutti morti. Strappati a questo mondo in crisi totale.
E lei aveva paura che prima o poi, a fare del bene, ci rimettesse anche lui. La sua anima perfetta che sistemava le cose e non chiedeva nulla in cambio.
E se quel giorno, poi, fosse giunto, lei lo avrebbe comunque rimesso in piedi, in qualche modo.