24/12/10

Corde mistiche

L'angelo della notte imbraccia il suo tridente a sei corde. Il clima è d'impatto, a causa del patto con Satana. Il suono è fedele, magistrale e puro. Come la prima nota dell'umanità.
A prima vista si potrebbe pensare che sia una donna alle prese con il rock. No. E' il rock alle prese con quella donna. Non la prenderà mai. Perchè viaggia più veloce di Lemmy e più sincera di Angus. Non la prenderà perchè è un'attrice di musica che ha vinto l'oscar alla carriera, il leone alla bravura e la gloria al talento. Talentuosa divina.
E' più lurida di Reed, più sinuosa dell'Iguana, più regale del Duca. E' la regina di cuori del mondo bizzarro delle nostre anime. L'àncora che ancora ci tiene stretti sotto al palco dei miracoli.
Sfarzosa e imprendibile, muove le sue dita silenziose e affascinanti, oscure come qualche cavaliere senz'anima mandato nella contea. Non si accontenta di avere il mondo ai suoi piedi. Vuole anche l'universo e tutto il resto. E a chi le domanda se può sostenere un tale fardello, lei risponde di essere la nota perfetta, fatta di buio e di luce. Risponde di essere la sorella di Marshall e la cugina di Cash. Una spina nel fianco del pagante che l'ammira dal tramonto all'alba.
E' l'artista del momento, del passato e del futuro. L'espressione senza tempo di sei corde mistiche.

08/12/10

La scatola

Si narra di una luce all'alba dei tempi, di ignobili temporali. Si narra di orizzonti verticali ribaltati su sè stessi. Di un clima che possiede un vocabolario in cui la quiete non trova spazio.
E si narra di un complotto balistico uscito da una scatola. Città perdute e fatiscenti, minacciate dalla spregevole Notte infinita. Popolazioni impietose imparentate con dolci creature affamate di tutto, e con maestri della dissacrazione. Di sacri principi buttati al vento, e di prìncipi corrotti da finti baluardi. Pezzenti che camminano sul filo.
Si narra di desideri spezzati da orde di mostri deliranti, ancorati al suolo dal nuovo potere. Di uomini soli senza un sole da vivere, caduto per colpa della ragazza scellerata.
Si narra dell'antica felicità schiantatasi sul palo, impalata dal nuovo ordine delle cose. La nuova razza. Si narra poi della disperazione degli individui senz'anima, quelli che rimangono fedeli alla materia, anche quando essa diventa un vergognoso e aspro supplizio senza tempo.
Di quante cose si narra ancora, nel limbo dei mortali. Ma sono cose di cui è meglio non impicciarsi. Meglio starne alla larga.
Perchè si narra di quella scatola aperta da una pazza. Si narra.

04/12/10

La sfilata di Friburgo

Occhi volanti in confusione. Volti senza malizia che osservano in libertà. Luci infatuate dei movimenti galleggianti di chi cammina con il mondo addosso, consapevole di essere una morbosa calamita. Calamità naturale che non ti abbandona neanche se tu lo vuoi.
Cammino limpido con passo ripido, attuale come una sala in 3d e antico come l'allegria. Sapienza ultraterrena alle prese con giudizi terreni, terribilmente fuori forma per un'esperienza di quinto grado. La danza continua, alla radice quadrata della sua aura.
Corpi in affitto che si lasciano trasferire amabilmente, concedendo anima e cuore alla dea da palco. Sono sfingi sedute alla sua corte. Statue di marmo con due punti lucenti che la tengono in vita, che si muovono pedinando il suo passo a tempo. Al di là di ogni tempo.
Sono ospiti non paganti di un evento che costa la totale perdita dei sensi. Sono stupidi manichini vestiti a pennello, colorati da vernice di calore che cade a tonnellate dalla gigante passerella dell'amore. Fervidi pupazzi.
E lei, la dea, è piena di sè. Preceduta dal nulla e inseguita dal mondo trascina la sua ombra in mezzo ad essi.
E' incantevole e sopra le righe, la dea che sta chiudendo la sfilata di Friburgo.

03/12/10

The Social Network

Questa è la storia di Mark Zuckerberg e di molte altre persone. E' anche la storia del più potente social network sulla faccia della terra. E l'arduo compito di rappresentare tale storia è stata affidata a David Fincher. Siamo contenti? Eccome se lo siamo.
Innanzitutto lo siamo perché è un film con i controcoglioni. Da questo fatto, deriva il secondo perché; il finale è coraggioso, sotto tutti i punti di vista.
Fincher sceglie la via del flashback continuo, uno di quelli che non ti lasciano mai. Ti sorprende con primi piani accompagnati da notevoli note. Ti fa sorridere. Cerca di farti commuovere.
La carriera di Mark è la parabola di un genio che vive a modo suo. Non programma una cena con amici o un appuntamento con la sua ragazza (forse quando stava con Erica si), programma piuttosto davanti ad un pc, indossando probabilmente un paio di orrende ciabatte da mare.
E il suo programma non è quello di diventare il più giovane miliardario del mondo. Sicuramente ciò non era fra i suoi piani quando ha creato in una notte "FaceMash", un ridicolo ma divertentissimo sito in cui gli utenti dovevano scegliere la preferita fra due ragazze di Harvard, inserite casualmente di volta in volta. Questa cazzata era così popolare da mandare in crash i server dell'università.
Mark è un mago. Anche David Fincher lo è. C'è aria di perfezione in "The Social Network", e non è una roba da niente, visto che ormai l'aria dei cinema è pesantemente rarefatta.
E qual'è il problema se il film si conclude là dove la tristezza tocca il punto più alto? Non c'è. Non c'è alcun problema. Perché è così che deve andare. Perché un uomo come Mark non potrà mai essere l'uomo più felice del mondo (che poi probabilmente non esiste).
Nel mortorio delle nostre sale, nella moria delle vacche, nella pesante discesa del nuovo metodo d'intrattenimento della massa chiamato "3d" (che poi esiste da una vita), diamo spazio a roba come questa. Roba da un incerto destino.