20/12/19

Una notte a Berlino


C'era un'atmosfera da ultima volta mentre la luna accendeva gli animi dei berlinesi, e le stelle, disposte in modo confuso come spettatori di un concerto punk, ardevano di vita e si spingevano l'una contro l'altra, rabbiose, furiose; il cielo era il loro sconfinato mondo nel quale avevano trovato un giusto padre. Severo, forse, ma sempre attento ai loro bisogni. Però, quella notte non era la solita notte. E le stelle, così come la luna, sentivano giungere un profondo senso di inquietudine che neanche il padre più sensibile avrebbe potuto alleviare.

Stavano camminando intorno ad Alexanderplatz mentre divagavano su ogni possibile argomento proposto dalle loro teste, con una certa onestà ma anche con la voglia di avvicinarsi a vicenda e ritrovare quei necessari meccanismi di coppia, perduti in qualche luogo oscuro.
- Ma tu hai capito dove siamo? - Miriam si era guardata intorno e non aveva visto nulla di familiare.
- Fammi pensare... - Le aveva risposto, mentre prendeva tempo per cercare di orientarsi.
Francesco se lo ricordava, quel punto. Una grande via che avevano percorso qualche ora prima, forse. Ma ora, con la notte che avanzava, aveva perso gran parte dei riferimenti che aveva collocato nella sua mente frastornata, seppur giovane.
- Non dovrebbe mancare molto, credo. - E lo credeva davvero, ma nel frattempo sperava di avere la classica botta di culo che ti salva in momenti simili.
Se non avessero trovato in fretta la fermata giusta, avrebbero rischiato di arrivare tardi e, come da regola, sarebbero stati cancellati dalla lista.
Il freddo iniziava a far male, così come i ricordi di un tempo vivo e leggero che ora sembrava lontano anni luce. I loro cuori iniziavano ad indurirsi. La loro mente perdeva lucidità.
Avevano girato l'angolo e avevano riconosciuto la fermata. Dopo qualche minuto di attesa, in cui i due ragazzi si erano scrutati a vicenda in cerca di uno sguardo conosciuto, di un viso caldo che stemperasse il clima di una notte berlinese che stava per esplodere, la navetta era finalmente arrivata.

A bordo, c'era un leggero brusio provocato da altre due coppie. Una era seduta, mentre l'altra era in piedi e si reggeva con forza alle maniglie che pendevano dall'alto. Il conducente doveva avere una gran fretta, vista la velocità a cui andava.
I due ragazzi si erano guardati a vicenda, prima di decidere se sedersi o rimanere in piedi. C'era un fatto particolarmente strano, e forse preoccupante, che li aveva messi in allarme.
- Li vedi anche tu? - Aveva esordito Miriam.
- Si. - Le aveva risposto Francesco. E continuava a guardare Miriam con quel punto interrogativo immaginario che spuntava sulle teste di entrambi.
Le altre due coppie indossavano una maschera che imprigionava i loro volti. Maschio e femmina si distinguevano per il genere di maschera scelto; c'era una gatta accompagnata da un qualche genere di uccello, e un essere con il naso a punta che teneva per mano una ragazza con un mucchio di piume al posto dei capelli. I loro occhi erano nascosti, così come le loro emozioni. Francesco e Miriam, a confronto, erano nudi. Avevano iniziato a sentirsi a disagio ed erano andati a sedersi in fondo, distanti dalle maschere.
- Cosa facciamo? - Aveva chiesto Miriam, visibilmente nervosa.
- Tranquilla, - Le aveva risposto Francesco, che cercava di rilassare i nervi della sua ragazza mentre provava a fare lo stesso con i propri. - Magari ce la daranno una volta arrivati lì. -
- Si, può darsi. Ma perché loro ce l'hanno già? -
- Non lo so. Magari era un'opzione. Voglio dire, forse si poteva scegliere se andare già in maschera oppure farsela consegnare sul posto. -
Magari era come diceva lui, oppure no. Ad ogni modo, forse, non avrebbero dovuto scoprirlo perché c'erano degli animi che si stavano scaldando. La coppia che era in piedi aveva iniziato a discutere. La gatta gesticolava. L'uccello stava per perdere l'equilibrio a causa di una brusca frenata. Poi, nel silenzio totale, le due maschere si erano girate verso Francesco e Miriam e si erano scambiati un ultimo sguardo prima di procedere verso di loro. Erano giunti davanti ai ragazzi e si erano tolti le maschere, e avevano pronunciato qualche parola in tedesco che i due non erano riusciti a decifrare.
- Dicono che ci hanno ripensato. - Chi era stato a parlare con quell'accento straniero?
- Che non sono sicuri del loro amore e che non se la sentono di rischiare. - Aveva proseguito il conducente.
La navetta si era fermata. Le porte si erano aperte. La coppia che era in piedi aveva lasciato le maschere a Francesco e a Miriam. Poi era scesa.
Francesco aveva guardato Miriam. Un'altra botta di culo.
Avevano indossato le maschere e ora cercavano di rilassarsi, mentre la navetta tornava nel traffico di Berlino.

La notte stava per prendere totale possesso del loro mondo. Francesco si sentiva pieno di dolori, le ossa in movimento perenne e i muscoli tirati. Miriam aveva accavallato le gambe nel tentativo di porsi ad un livello superiore, la metà della coppia che era più brava a superare qualsiasi evento. Qualsiasi tormento.
Il freddo era penetrato all'interno di quella navetta che ora sembrava condurli all'Inferno. Il tipo alla guida aveva annunciato poco tempo prima che, purtroppo, il riscaldamento era fuori uso. Solo l'arrivo di altre coppie in maschera aveva fatto salire leggermente la temperatura percepita.
I due ragazzi, senza saperlo, avevano iniziato entrambi a pensare alla loro storia. Cosa li aveva condotti lì? Per quale motivo, ora, erano in quella città insieme ad altre coppie mezze distrutte? Cosa si aspettavano da Engel e dalle sue cure?

Engel si trovava nei sotterranei di un palazzo abbandonato nella periferia di Berlino. Non saprei dirvi come Francesco e Miriam fossero venuti a conoscenza di Engel e dei suoi metodi. Amici comuni, forse. Ad ogni modo, avrebbero scoperto più avanti in cosa consistevano e, forse, a saperlo prima, avrebbero scelto una via più classica e meno invasiva per tentare di risolvere i loro problemi; uno psicologo, magari. Una vacanza, se avessero vinto abbastanza soldi da andare lontano. Distanti da ogni forma di vita conosciuta, alla scoperta della loro stessa natura. Vibrante, originale, sognatrice, che era stata consumata quasi del tutto da quel ridicolo gruppo di individui, definito società moderna.

La navetta era entrata nel palazzo e aveva percorso una discesa che conduceva al più totale buio. Nessuno poteva vedere qualcosa in quelle condizioni. Nessuno che fosse umano.
Il conducente aveva fermato il veicolo, aveva aperto le porte anteriori ed era sceso, da solo. La luce era tornata a illuminare l'ambiente e aveva rilevato una sconvolgente verità. Le piccole mani di Miriam le coprivano la bocca per non farla gridare fino a morire. La bocca di Francesco era spalancata, rimasta bloccata come se si fosse paralizzata alla vista di quella cosa. Gli aveva ricordato una creatura che aveva visto in un film horror qualche giorno prima; una specie di diavolo con un cappello marrone e un lungo cappotto che gli arrivava fino agli stivali. Ma ora quella cosa era lì davanti ai suoi occhi, viva, crudele, pronta a svolgere i suoi doveri. Se ne stava lì fisso a guardare le maschere, inespressive solo in apparenza. Poi, dopo averli scrutati abbastanza a lungo da farli sentire in preda al panico, era tornato al posto di guida e aveva aperto anche le altre due porte. Era un chiaro invito a scendere. E lo avevano fatto tutti con rapidità, mentre la creatura sorrideva, seduta, passandosi la lingua intorno alle labbra nere.

Erano stati scortati da un normalissimo uomo ben vestito, fino ad una grande sala con decine di poltrone, disposte una di fronte all'altra. Le poltrone formavano un cerchio. Al centro di esso, c'era Engel; una creatura che ricordava una donna ma che era molto lontana dall'essere umana.
Credo di non potervela descrivere con precisione. La sua immagine era sfocata, imprendibile, affascinante per quanto celasse dentro di lei una natura sconosciuta e così distante dal nostro mondo. Francesco e Miriam si erano seduti, come tutti gli altri, e ora si guardavano negli occhi. Accanto a loro, sul bracciolo destro della poltrona, c'era una grande siringa con sopra un'etichetta con scritto "Fidelio". Si sarebbero dovuti sparare quella roba nelle vene e avrebbero così dominato la coppia, le loro ansie, le loro paure. Si sarebbero levati di dosso quelle maschere, mostrando finalmente le loro autentiche personalità. Senza filtri né ostacoli.

Alexanderplatz era illuminata da una notte insolita. La luna concedeva alle stelle di giocare alla guerra. Il mondo regrediva. Il sangue colava. L'amore trionfava.