03/12/10

The Social Network

Questa è la storia di Mark Zuckerberg e di molte altre persone. E' anche la storia del più potente social network sulla faccia della terra. E l'arduo compito di rappresentare tale storia è stata affidata a David Fincher. Siamo contenti? Eccome se lo siamo.
Innanzitutto lo siamo perché è un film con i controcoglioni. Da questo fatto, deriva il secondo perché; il finale è coraggioso, sotto tutti i punti di vista.
Fincher sceglie la via del flashback continuo, uno di quelli che non ti lasciano mai. Ti sorprende con primi piani accompagnati da notevoli note. Ti fa sorridere. Cerca di farti commuovere.
La carriera di Mark è la parabola di un genio che vive a modo suo. Non programma una cena con amici o un appuntamento con la sua ragazza (forse quando stava con Erica si), programma piuttosto davanti ad un pc, indossando probabilmente un paio di orrende ciabatte da mare.
E il suo programma non è quello di diventare il più giovane miliardario del mondo. Sicuramente ciò non era fra i suoi piani quando ha creato in una notte "FaceMash", un ridicolo ma divertentissimo sito in cui gli utenti dovevano scegliere la preferita fra due ragazze di Harvard, inserite casualmente di volta in volta. Questa cazzata era così popolare da mandare in crash i server dell'università.
Mark è un mago. Anche David Fincher lo è. C'è aria di perfezione in "The Social Network", e non è una roba da niente, visto che ormai l'aria dei cinema è pesantemente rarefatta.
E qual'è il problema se il film si conclude là dove la tristezza tocca il punto più alto? Non c'è. Non c'è alcun problema. Perché è così che deve andare. Perché un uomo come Mark non potrà mai essere l'uomo più felice del mondo (che poi probabilmente non esiste).
Nel mortorio delle nostre sale, nella moria delle vacche, nella pesante discesa del nuovo metodo d'intrattenimento della massa chiamato "3d" (che poi esiste da una vita), diamo spazio a roba come questa. Roba da un incerto destino.

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