04/12/10

La sfilata di Friburgo

Occhi volanti in confusione. Volti senza malizia che osservano in libertà. Luci infatuate dei movimenti galleggianti di chi cammina con il mondo addosso, consapevole di essere una morbosa calamita. Calamità naturale che non ti abbandona neanche se tu lo vuoi.
Cammino limpido con passo ripido, attuale come una sala in 3d e antico come l'allegria. Sapienza ultraterrena alle prese con giudizi terreni, terribilmente fuori forma per un'esperienza di quinto grado. La danza continua, alla radice quadrata della sua aura.
Corpi in affitto che si lasciano trasferire amabilmente, concedendo anima e cuore alla dea da palco. Sono sfingi sedute alla sua corte. Statue di marmo con due punti lucenti che la tengono in vita, che si muovono pedinando il suo passo a tempo. Al di là di ogni tempo.
Sono ospiti non paganti di un evento che costa la totale perdita dei sensi. Sono stupidi manichini vestiti a pennello, colorati da vernice di calore che cade a tonnellate dalla gigante passerella dell'amore. Fervidi pupazzi.
E lei, la dea, è piena di sè. Preceduta dal nulla e inseguita dal mondo trascina la sua ombra in mezzo ad essi.
E' incantevole e sopra le righe, la dea che sta chiudendo la sfilata di Friburgo.

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