20/01/14

Red Milk



La dolce Mia voleva ancora un pò di latte. Glielo fece capire allungandogli il bicchiere che era sul comodino. C’era ancora del bianco, sul fondo, e l’odore del latte si percepiva in tutta la stanza. Lui cominciava ad odiarlo.
-Credo che fra poco dovrai fare da sola, amore mio.- Le disse, mentre la guardava girarsi e rigirarsi sotto alle coperte.
Mia lo sentì uscire dalla camera e andare probabilmente verso la cucina. Stava pensando che forse, dopo, avrebbe potuto riprovare a farsi toccare. Ci sperava, più che altro.
Si tirò un pò su e si mise seduta, con la schiena che posava su due cuscini e la testa che si teneva da sola. Marcus ci stava mettendo più del previsto, allora lei lo chiamò. Una, due, tre volte. Mia si alzò dal letto quando sentì quel rumore. Pensò subito che la bottiglia di latte gli fosse caduta a terra. Era di vetro. Lui non rispose mai. Fece tutto così di corsa che rischiò di inciampare più di una volta, in camera e poi quando era quasi in cucina. Il piede destro, nudo come quello sinistro, si bagnò. Come se all’improvviso fosse stato intinto in una tazza con poco fondo. La sua cecità non le permise di vedere con cosa avesse a che fare, ma Mia era quasi certa si trattasse di latte. Si chinò, mise una mano a terra e poi se l’annusò. Si era sbagliata, perché quella cosa non era latte. Magari di latte ce n’era pure un pochino lì in mezzo, ma quell’odore le fece venire in mente il giorno precedente, quando si era tagliata mentre affettava il pane. Sangue. E ce n’era pure tanto.
Mia chiamò il suo Marcus più volte, alla sesta urlò il suo nome con tutta la forza che aveva in corpo. Cominciò a tastare un pò ovunque, a terra e sull’isola della cucina. La bottiglia era lì, rovesciata. Era caduta sul ripiano, accanto al ceppo di coltelli e alla macchina per caffè. Mia la sentì integra, i vetri tutti al loro posto. Non riusciva a capire cose fosse successo. Poi, mentre lei girava attorno all’isola per trovare Marcus e con lui delle risposte, il suo piede sinistrò toccò qualcosa. Mia si abbassò subito e cominciò a tastare. Riconobbe dei capelli, poi una fronte, un naso, una bocca e un mento. Continuò la perlustrazione di quel corpo e arrivò al suo petto nudo, con pochi peli. Verso il centro, poi, Mia incrociò qualcosa. Quel corpo, non aveva dubbi, era il corpo del suo Marcus. Quella cosa, aveva ancor meno dubbi, era un coltello conficcato nel petto di Marcus.
Mia si alzò di scatto, tanto che iniziò a girarle la testa. In quel momento sentì chiamare il suo nome. Probabilmente, quella voce, proveniva dalla camera da letto, che nel momento in cui Mia l’aveva lasciata era rimasta vuota. Eppure, ora qualcuno doveva esserci. Era una voce di donna che a lei sembrò familiare. Lasciò il suo Marcus lì a terra e tornò verso la camera da letto. Mia ebbe un attimo di esitazione perché, prima di varcare la soglia, le parve di vedere la grande tv su quel mobile davanti alla parete. E non fu un’impressione.
Mia ci vedeva, ma quando entrò nella stanza non ci pensò più, perché qualcosa di ancor più sconvolgente era lì ad attenderla. Sul letto, seduta con la schiena che posava su due cuscini e la testa che si teneva da sola, c’era lei. Lei stessa. Mia se la guardava. Era mezza vestita come lo era lei, in quel momento: canottiera bianca fino all’ombelico e un paio di shorts rosso ciliegia, e i capelli legati a coda di cavallo. Mia le guardò i piedi che, come tutto il resto, erano fuori da lenzuola e piumino. Vide che la pianta di entrambi era un pò bianca, un pò rossa. Un pò latte, un pò sangue.
Mia alzò lo sguardo verso di lei, che proprio in quel momento aveva messo una mano sotto alle coperte e ci aveva tirato fuori una pistola. Ora se l’era portata sulla tempia, mentre continuava a fissare la Mia che era davanti a lei, in piedi, con la faccia di chi ha visto l’impossibile e con la mano protesa in avanti.
-Non farlo!- Urlò.
Lei, dal letto, le sorrise.
-L’hai già fatto.- Le disse, prima di premere il grilletto.

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