27/07/12

Anime Perdute


Miriam ha bisogno di aria. Si alza dal letto, si infila una t-shirt taglia xxl e cammina con cattiveria verso il balcone. Il pacchetto di sigarette si fa notare, si sbraccia, consapevole di avere un fascino irresistibile. Miriam ne prende una e l’accende, davanti ad una luna che sembra aver già detto tutto in questa notte infinita. Il pensiero di averlo perso è un gigantesco fardello che la fa sprofondare nell’abisso del rimorso. Il morso delle labbra è un vecchio meccanismo nervoso che scatta in situazioni come questa. Ma ora Miriam sta sanguinando. Se lo sente in bocca quel sapore amaro di sconfitta. Fingere complicherebbe ancor di più la faccenda, e lei di roba complicata ne ha piene le vene. Appoggia i gomiti sul cornicione e si porta le mani sui capelli, rendendosi conto che hanno bisogno di essere lavati almeno quanto la sua anima, oggi più di ieri impura e imperfetta.

Carlo esce di casa con addosso tanto orgoglio e poca lucidità. Traballa da far paura, e sbiascica qualche parola a sè stesso, che non comprende in pieno. Oggi l’hanno licenziato dal suo undicesimo lavoro, senza dargli una spiegazione che possa definirsi tale. Carlo sta male, male da morire. Perché il sogno che aveva è rimasto nel cassetto, la cui chiave non è mai stata creata. Lo so dove sta andando, e lo sa anche lui. Ma ammetterlo è dura, come sempre. E Carlo non l’ha mai ammesso. Raccontava balle persino al portiere del suo palazzo, un povero cristo dall’aria innocua e contratta. Mentiva sulla sua età quando non si sentiva all’altezza, e creava nuovi profili su Facebook acquistando il fascino di attori, calciatori e modelli. Lo faceva anche per dimenticare il suo più grande amore, che aveva finito per incidersi sul petto, a vita. Quella “M” aveva bisogno di una ripassata, non era più come prima. Ma che scopo aveva farsi aggiustare il simbolo dell’amore perduto? Era meglio così. Meglio sbiadito.

Miriam si è lavata, ma non si sente ancora pulita. Sente che deve pagare in qualche modo per averlo fatto soffrire, solo così potrà essere perdonata. Allora torna sul balcone, al cospetto della luna, e si affaccia con indecisione.

Carlo ha ancora le chiavi di casa sua. Gli aveva detto che avrebbe cambiato la serratura, ma non l’ha mai fatto. L’uomo si avvia con decisione all’interno dell’ascensore, e spinge con amore il numero 5. Arriva davanti alla porta, e dopo un momento di esitazione prova ad inserire la chiave e a girarla. La porta si apre, mentre Miriam suda freddo davanti al cornicione. Il suo corpo sta per lasciarsi andare, ma la sua anima non demorde, e si tira indietro. Carlo mette piede in balcone proprio nell’istante in cui Miriam si è girata. La donna abbozza un sorriso, e l’uomo ricambia. Poi, con tutta la forza che ha in corpo, le mette le mani al collo e stringe. Stringe con amore. Miriam, già senza vita, cade dal quinto piano. Carlo mette la mano in tasca, prende una pistola, se la porta alla tempia e spara. Spara con amore.

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