La situazione era questa: eravamo io, Marco, Mattia, Alessandro, Elena, Marta e Giulia. La serata volgeva al termine mentre iniziava l’ultimo giro di bevute. Il tempo era volato, fra una chiacchiera e l’altra, risate, battute e ricordi speciali.
- A cosa brindiamo stavolta? - Aveva domandato Giulia.
- A momenti come questo. - Aveva risposto Elena.
- Banale. -
- Allora proponi tu, Mattia. Sentiamo quanto è originale il tuo. - Era intervenuta Marta in difesa della sua amica.
- Io direi di bere e basta. I brindisi sono una perdita di tempo. - Aveva detto Ale.
- Se andiamo avanti così non la finiamo più. Fate come vi pare, io nel frattempo bevo. - Avevo concluso, prima di appoggiare le labbra al mio bicchiere e mandare giù. Gli altri mi avevano seguito e così anche l’ultimo giro era andato. Poi, nel silenzio generale, Marco si era alzato e aveva fatto uno dei suoi annunci: - Ragazzi, qui c’è qualcosa che non quadra. -
- Del tipo? - Aveva chiesto Mattia.
- Ora non cominciare con le tue follie, Marcolì. È tardi. -
- Lasciamolo parlare, Marta. Sono curiosa di sentire cosa si inventa questa volta. - Aveva detto Giulia.
Per darvi un’idea di ciò che sarebbe potuto accadere, dovete sapere che Marco era un tipo un po’ particolare. In realtà sarebbe più opportuno dire che non ci stava molto con la testa. Oppure ci stava più di tutti noi messi insieme; questo potrebbe spiegare il perché non riuscivamo mai a seguirlo nei suoi viaggi.
- Non ditemi che non ve ne siete accorti. - Aveva proseguito Marco dopo aver posato il suo bicchiere sul tavolo. - Dovete esservene accorti per forza. -
- Ma di cosa? - Avevo chiesto io, impaziente di arrivare al dunque.
A quel punto Marco si era spostato. Era andato prima verso il bagno, affacciandosi all’interno, poi in cucina e poi in camera da letto. Infine era tornato nella sala in cui eravamo tutti in attesa di una spiegazione.
- Allora? - Aveva domandato Elena, dando voce ad ognuno di noi.
- Allora spiegatemi perché Andrea si trova qui con noi. Avanti, spiegatemi il motivo. - Aveva risposto Marco con le braccia incrociate.
Io e gli altri ci eravamo guardati con certe espressioni che erano tutte un programma; avevamo il timore che la faccenda potesse prendere una strana piega, difficile da gestire o da mandare giù.
- Marco... - Avevo proseguito io. - Se stai parlando del nostro Andrea, è chiaro che lui non può trovarsi qui con noi. Quindi, perdonami, ma di chi stai parlando? -
Marco aveva preso un gran respiro, come se avesse dovuto prepararsi al discorso della vita.
- Certo che sto parlando di lui, amico mio. Di chi, altrimenti? -
Poi si era interrotto all'improvviso mentre sembrava dovesse aggiungere altro. Ci aveva fatto segno di fare silenzio, anche se nessuno di noi pareva intenzionato a dire qualcosa. Si capiva che l'idea generale era quella di farlo sfogare, nella speranza che finisse il prima possibile; si stava addentrando in un campo minato, e nessuno di noi sarebbe stato in grado di schivare una bomba.
All’improvviso si erano spente le luci e aveva cominciato a fare freddo. Gelo, a dire la verità.
Eravamo seduti intorno al tavolo, mentre Marco era ancora in piedi davanti a noi, le mani protese nella direzione opposta alla nostra.
- Forse ora ho capito… - Aveva annunciato, prima di girarsi verso di noi con in mano un foglio.
Si era avvicinato al tavolo e aveva posato il foglio fra i resti della cena. Ci siamo allungati tutti per vedere meglio di cosa si trattasse; le tre candele accese erano l’unica fonte di luce in quel buio pesto. Il gelo si era attenuato.
Avevo notato subito che era un foglio liscio, senza alcuna piegatura. Su di esso c’era scritto: “I brindisi non sono mai una perdita di tempo, Ale. E già che ci sono (si fa per dire), vi consiglio di brindare alla vostra bellezza.
Ci rivedremo, chissà, in qualche altro posto.”
Le righe, come avremo notato qualche secondo dopo, provenivano senza dubbio dalla vecchia macchina da scrivere di Andrea, mentre la sua firma (con la sua calligrafia) era impressa a penna.
Siamo rimasti per qualche istante mezzi pietrificati. Marta era scoppiata a piangere, e mentre singhiozzava era tornata la luce nella stanza.
Marco aveva preso in mano il suo calice e aveva guardato a turno ognuno di noi. Alla fine ci eravamo alzati e lo avevamo assecondato.
Non so di preciso a cosa stessero pensando gli altri durante quel brindisi impossibile, ma una vaga idea me l’ero fatta.